giovedì 19 novembre 2015

HEWLETT & KINSEY, GEFELLER E LE MAPPE URBANE

Con queste parole inizia Città Panico, un testo del filosofo francese Paul Virilio (Raffaello Cortina, 2004) che ben si adatta a introdurre una riflessione su Parigi, all'indomani dagli assalti di venerdi 13 novembre: 

"Non sapersi orientare in una città non vuole dire molto. Ma smarrirsi in essa, come ci si smarrisce in una foresta, richiede un'educazione", scrive Walter Benjamin a proposito di Berlino molto prima delle derive parigine dei situazionisti...(in W. Benjamin, Infanzia berlinese intorno al 1900:ultima redazione 1938. Einaudi, 2001, n.d.r.). Quest'educazione, in un certo senso sentimentale, di un passante che si rifiuta di essere soltanto un passeggero, comincia molto presto - se non proprio durante l'infanzia, quando ancora si è accompagnati -  almeno durante l'adolescenza, questo momento in cui lo slancio della maturità si accompagna all'urgenza di una libera fuga. Parigi è stata la mia città natale, e Nantes quella della mia adolescenza. Parigi era la "pace", la pace precaria degli anni Trenta, e Nantes la "guerra", una guerra totale". 


Robin Hewlett & Ben Kinsley (USA, 1980; USA, 1981)




Street with a view, 2008
Nel maggio 2008 i due artisti, insieme agli abitanti della Sampsonia Way di Pittsburgh, hanno realizzato performance e azioni collettive in occasione del passaggio della Google Car attraverso il quartiere: un duello con la spada in stile XVII secolo, l’esibizione di una Garage Band, una grande parata con tanto di banda e majorettes. Queste azioni fanno ora parte delle mappe digitali di Sampsonia Way messe a disposizione da Google Maps e sono pertanto visibili su Internet. 

Andreas Gefeller (Germania, 1970)
Supervisions ( 2002-2013)
Il lavoro seriale  Supervisions, iniziato  nel 2002  e ancora in opera, prevede la creazione di punti di vista impossibili, prospettive dall'alto  di luoghi pubblici, aree deserte, su cui si leggono le tracce di vita lasciate da chi le ha abitate. Le opere di Gefeller non sono ottenute tramite un’unica ripresa. Le immagini sono il risultato di un lungo processo di mappatura dello spazio e l’artista percorre passo per passo, sezione per sezione, i luoghi che intende fotografare. La macchina viene posizionata a due metri di altezza dal suolo e, fissata al corpo dell’artista tramite un’asta, scatta ogni singola posizione, come a scansionare il luogo, per poi ricomporlo al computer in un fotocollage digitale. Ogni opera arriva a comprendere fino a 2500 diverse singole fotografie.





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